Alla scorsa assemblea è stata presentata l'idea di creare una rete di scambio di beni e servizi fra i soci del fondo etico, per tentare un altro percorso possibile nel nostro cammino di emancipazione dal denaro.
Ecco le domande che ci siamo posti: cos'è per noi la ricchezza? E cosa pensiamo di poter scambiare fra di noi? Allora ognuno, chi più o meno titubante, ha attaccato sul grande tabellone i tondini di cartone che rappresentavano la ricchezza che si sentiva di poter condividere in termini di oggetti, capacità professionali e non, passioni, attitudini. Ho percepito nelle parole e nei volti di tutti noi il tentativo di un grande sforzo per rispondere a queste domande, perchè quello che ci è stato fatto credere è che c'è un modo preciso per misurare la ricchezza, cioè quanto valgono in denaro le nostre cose, a quanto possiamo vendere sul mercato le nostre capacità e il nostro lavoro. Invece tutto questo può avere un valore diverso da quello di mercato: quante cose ci vengono proposte come ricchezza, ma hanno poco valore per la nostra felicità, e quante cose non si possono comprare perchè dipendono solo dall'incontro fra le persone, dalla nostra disponibilità di condivisione, dal coraggio di uscire dal recinti della nostra vita, da questi steccati che ci regalano perfino l'illusione di sicurezza e di indipendenza dal resto del mondo? Ci hanno detto che l'interesse individuale coincide con l'interesse collettivo, e che il mercato serve a soddisfare questo interesse. Invece il "mercato", o una rete di scambio, può essere un importante momento di collaborazione fra le persone, che possono dare un valore diverso alla ricchezza, che ci può aiutare a riscoprire il "noi" e il bene comune, e più determinato dalle diversità di ognuno e dalle interazioni umane che si creano, e quindi più imprevedibile. Per aprire il sistema dobbiamo passare da una relazione esclusiva e bilaterale fra due individui, in cui potrei non avere niente da dare in cambio se non il denaro, ad una relazione capace di includere un maggior numero possibile di persone, in cui posso restituire qualcosa a qualcun altro all'interno di una rete, in un sistema di reciprocità indiretta: potendo creare una rete abbastanza estesa, il numero delle combinazioni diventa talmente grande che ciascun partecipante può trovare facilmente a chi dare, da chi ricevere e a chi restituire. Non si tratta di fare beneficienza, ma di ripensare al valore della nostra ricchezza, a quello che serve veramente per i bisogni materiali e per la nostra serenità, e da qui partire per ricostruire relazioni di scambio autentiche, fuori dalla spersonalizzazione del mercato, più modellabili in base alle nostre reali necessità e differenze.
E quanto ci sarebbe da discutere sul valore di mercato, su un sistema monetario distorto dalla speculazione finanziaria, basato sulla scarsità e sull'accumulo sempre maggiore di denaro nelle mani di pochi, che sottrae ricchezza all'economia reale penalizzando proprio quella che dà lavoro, che si basa sugli scambi locali e sulle piccole attività, e che alimenta la necessità di una crescita globale permanente e distruttiva e di una competizione costante e crescente fra le persone, in cui perfino il dono diventa uno strumento di affermazine di sè.
Questo è un sistema finanziario in cui neanche i soldi sono della collettività: ogni volta che viene emessa nuova moneta vengono addebitati gli stati come se il valore dei soldi non derivasse dalla ricchezza che abbiamo e che ci scambiamo ma dalla possibilità di emetterli, che ha solo la banca centrale, controllata indirettamente da banche privatissime. Infine, il meccanismo dell'interesse fa il resto: è impossibile uscire dalla spirale del debito globale e dell'accumulo della ricchezza con queste regole. Questo sistema non è stato neanche in grado di prevedere la più grande crisi avvenuta dopo quella del '29, e si regge su un castello di carte destinato a venire giù come la Torre di Babele: le transazioni finanziarie sono 100 volte l'econimia reale, gli scambi valutari registrati misurano 17 mila volte la ricchezza mondiale. Non possiamo basare la nostra vita su un mezzo, quello del denaro, che non obbedisce non solo a nessuna logica di giustizia sociale, ma neanche alle regole del buon senso.
Ci sono decine di esperienze nel mondo in cui sistemi complementari, monetari e non, hanno cambiato le sorti di intere province con una diffusione enorme. Basta pensare al caso dei LETS (Local Exchange Trading Systems) in Gran Bretagna, in cui diversi enti locali cercano addirittura di incentivarli nelle zone a basso reddito. Le reti dei LETS comprendono oltre 40 mila persone e danno la possibilità di soddisfare bisogni che lo stato non fornisce più, o che richiederebbero troppo denaro. Oppure al caso dei ROCS (Robust Complementary Community Currency System), o dei SEL francesi (Systeme d'Echange Local), dei Tauscring tedeschi o dei Sistemi di Reciprocità Indiretta (SRI) presenti nel Sud Italia. Senza parlare dei sistemi di scambio che hanno permesso alle popolazioni sud americane di far fronte a crisi finanziare come quella argentina. Negli USA dopo la grande depressone del '29 furono coinvolte quasi un milione di persone nella creazione di 159 reti di autosostentamento per i gruppi sociali più colpiti dalla crisi, e in Germania nella regione della Baviera furono interessate oltre 2,5 milioni di persone, in un sistema monetario alternativo che penalizzava l'accumulo e che risolllevò le sorti di intere comunità locali, finchè la banca centrale non decise di intervenire. Negli USA e nel Canada, esperienze come quella del Green Dollar, degli Ithaca Hours e del Community Exchange di Vancouver coinvolgono milioni di persone.
Ciò che ci dimentichiamo è che il denaro non è una cosa autonoma: è un patto nelle mani di una comunità, che lo usa come strumento di scambio. Si può creare un nuovo patto e un nuovo sistema monetario, che sia più adeguato ai nostri valori. Si può creare intanto una moneta complementare che non si basi sulla scarsità, l'accumulo e la competizione che ne deriva, ma sulla reciprocità e la redistribuzione.
Detto questo, dobbiamo partire con i piedi ben saldi sul nostro suolo, ma sapendo che questa idea, questa piccola rete in cui 40 persone, il 2 aprile 2011, hanno ripensato alla propria ricchezza e hanno deciso di scambiarla fra loro, può portarci davvero lontano e può avere degli sviluppi che neanche immaginiamo.
(Alessandro)